La presenza degli immigrati nella città di Firenze è notevole, basta considerare alcuni dati. Alla Questura si presentano in media 200 persone al giorno per richiedere o rinnovare il permesso di soggiorno. La popolazione residente si attesta a 372.826 persone, di cui 51.007 sono straniere ( dati dell’Ufficio Comunale di Statistica, maggio 2010 ). La comunità più numerosa è quella dei rumeni, seguita da quelle dei cinesi, albanesi, peruviani, filippini e cinesi. Tra i cittadini europei più presenti il primato spetta ai tedeschi, seguiti da inglesi e francesi. Da un punto di vista religioso si registra un 34% di musulmani, un 29,9% di cattolici, un 6,4% di religioni orientali e un 7,4% di altre religioni.
I quartieri più cosmopoliti sono il centro storico e il quartiere 5. Il numero degli irregolari si può stimare come pari a 1/3 dei regolari. Nel 2009 in città sono nati 938 bambini che hanno almeno un genitore di origine straniera. L’Ufficio Comunale di Statistica prevede che nel 2025 i residenti supereranno complessivamente le 390.000 unità. Firenze sarà una città più multietnica e meno anziana, grazie soprattutto ai figli degli immigrati.
Questi numeri rendono indispensabili le politiche ben strutturate e lungimiranti per favorire l’integrazione, non più provvedimenti occasionali e puramente assistenzialistici. Si deve lavorare sul riconoscimento del diritto di voto per le elezioni amministrative, sulla prevenzione di scontri e fenomeni di discriminazione e sull’alfabetizzazione con corsi gratuiti di lingua italiana. Resta aperta una questione molto sentita da numerose associazioni e istituzioni locali: la necessità di riformare la Legge n. 91 del 5 febbraio del 1992.
Alcuni governi europei, tra cui quelli di Svezia e Finlandia, da diversi alcuni anni hanno lanciato i cosiddetti PROGRAMMI INTRODUTTIVI per la fase iniziale del soggiorno degli immigrati. Tali programmi sono stati adattati e adottati dai singoli comuni. In linea generale, Firenze potrebbe disporre un suo programma che preveda:
1 l’insegnamento della lingua;
2 l’orientamento civico ( questioni pratiche e amministrative, come l’accesso alle attività socio-economiche e culturali );
3 la formazione professionale per l’inserimento nel mercato del lavoro.
Gli enti pubblici devono impegnarsi per rendere i loro servizi sempre più accessibili agli immigrati. Un primo passo sarebbe stabilire la competenza interculturale come un requisito per l’assunzione del personale interno; una tale competenza permette di garantire qualità ed efficienza nell’assegnazione dei fondi alle associazioni per i loro progetti sull’integrazione e nell’attuazione di un programma introduttivo.