la danza

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venerdì 30 dicembre 2011

appunti sull'immigrazione 2

UN FORZA LAVORO DEBOLE E FLESSIBILE

Gli immigrati costituiscono una forza lavoro debole e pronta ad accettare qualsiasi condizione lavorativa, priva di diritti sociali e di tutele. I grandi imprenditori influenzano l’operato dei governi, che richiamano, ridimensionano o espellono gli immigrati in relazione all’andamento dell’economia. Ci sono capitalisti che preferiscono un’immigrazione regolare, mentre altri, che si trovano a competere in mercati poco remunerativi, tendono a favorire l’ingresso di immigrati irregolari, più facilmente sfruttati e utilizzati solo quando il mercato li richiede. In quasi tutti i paesi europei si registra una scarsa determinazione politica a combattere l’economia sommersa e il lavoro nero. In realtà, sono gli stessi recenti provvedimenti, volti alla deregolazione del mercato del lavoro, a favorire il lavoro irregolare. Le periodiche espulsioni risultano essere uno strumento per mantenere gli immigrati non autorizzati sotto una cappa di insicurezza, come tattica per rassicurare l’opinione pubblica interna. Un immigrato, inserendosi solitamente ai livelli più bassi del sistema occupazionale, eleva lo status dei lavoratori autoctoni, che si vengono a trovare a un gradino più in alto, con l’effetto di diminuire l’intensità dei conflitti di classe.

L’ITALIA AGLI ITALIANI

Da sempre popoli con lingue, religioni e colori della pelle diversi, entrano in contatto tra loro e si mescolano per generare un nuovo popolo. L’uomo facilmente dimentica queste dinamiche che sono alla base della storia dell’umanità. Il concetto di nazione è recente, risale al ‘700. È stato usato per la costruzione della coesione socio-politica interna ai nuovi Stati settecenteschi. Oggi il malcontento sociale ed economico di uno Stato sposano il timore di perdere l’identità nazionale e di rischiare il collasso dell’unità politica. Diversità etnica e immigrazione sono viste come minacce per l’unità nazionale e per il livello di benessere raggiunto.

BUROCRAZIA AD ALTO TASSO DI DISCREZIONALITÀ

In occasione di provvedimenti legislativi, la loro applicazione varia da questura a questura. Funzionari danno luogo a casi frequenti di disparità di trattamento, di contenziosi prolungati e di peregrinazioni da una questura all’altra alla ricerca di quella più disponibile ad accogliere le ragioni dell’immigrato che vuole regolarizzare la sua posizione.

sabato 24 dicembre 2011

decrescita felice: l’antidoto alle migrazioni globali

L’attuale sistema economico si basa sull’interdipendenza tra le economie nazionali e accentua il divario tra paesi ricchi e paesi poveri. Gli squilibri socio-economici tra le aree del nostro mondo alimentano un incessante flusso migratorio. Un numero crescente di contadini abbandona l’autoproduzione di beni, cioè l’agricoltura di sussistenza dove la vendita è limitata alle eccedenze, per andare a produrre merci e guadagnare in cambio il denaro necessario a comprarle. L’abbandono delle campagne e il trasferimento nelle città comporta costi sociali e ambientali elevatissimi. Si perdono le tradizioni, la vita in comunità e una certa manualità, si lasciano modelli ecosostenibili per accrescere aree urbane con un impatto ambientale devastante .

Uno stile di vita ispirato dai principi della decrescita felice, pertanto non omologato sui modelli consumistici, oltre a migliorare la qualità della vita di chi lo pratica, può contribuire a rimuovere le cause che inducono a emigrare.

A livello politico non c’è una reale volontà di arrestare i flussi migratori in corso, poiché si persegue il modello economico fondato sulla crescita infinita del consumo di merci, tale crescita ha bisogno di un numero sempre più alto di produttori a basso costo e di consumatori dipendenti dal mercato.

domenica 11 dicembre 2011

appunti sull'immigrazione 1

GLI IMMIGRATI PROVENGONO PER LO PIÙ DA PAESI MOLTO POVERI?

Secondo la percezione comune, l’immigrato è lo straniero povero, così come l’extracomunitario. In realtà, in Italia i gruppi più presenti ( rumeni, albanesi, marocchini, cinesi e ucraini ) provengono da stati appartenenti ad una fascia socio-economica media. L’emigrazione, nella maggior parte dei casi, va considerata come una strategia per difendere uno status economico di una classe media. Tecnicamente un rumeno non può essere considerato un extracomunitario poiché la Romania è un membro dell’Unione Europea.

GLI IMMIGRATI CHE GIUNGONO IN ITALIA SONO RIFUGIATI?

Solo il 15% dei rifugiati nel mondo esce dai paesi del terzo mondo e avanza una richiesta di asilo, la restante parte si sposta nei territori circostanti l’area di crisi. Pochi rifugiati raggiungono la nostra sponda.

COME ARRIVANO I CLANDESTINI?

Il clandestino è colui che supera un confine in maniera illegale, riesce praticamente ad entrare nel nostro territorio evitando qualsiasi controllo. I clandestini giunti in Italia costituiscono solo il 5% degli immigrati irregolari. La maggior parte degli immigrati giunge con un visto turistico, dopo 90 giorni non rientra nel suo paese e inizia così la sua permanenza irregolare. Il nostro Paese ha tolto l’obbligo del visto a tutti i paesi dell’area balcanica ( compresi Serbia, Montenegro e Albania ) e al Brasile, in questi casi occorre solo un passaporto per l’ingresso. A una tale apertura sostenuta da interessi economici, corrisponde una posizione politica diversa.

QUALI SONO LE INZIATIVE PER REGOLAMENTARE L’IMMIGRAZIONE?

L’Italia ha varato finora delle norme aspre sull’immigrazione irregolare, arrivando a considerarla un reato. Tali norme non vengono applicate, o almeno solo in piccola parte. Perché? C’è una carenza di denaro, forze dell’ordine e risorse che rendono impossibile l’espulsione di tutti gli immigrati irregolari. Inoltre, per mandar via un immigrato, occorre prima di tutto un accordo con il paese estero interessato, che può non riconoscerlo. La politica e la percezione comune, influenzata dai mass media, vedono l’immigrato come una minaccia, ma cedono agli interessi dell’economia ( che ha bisogno di manodopera, poiché 3 ragazzi italiani su 4 conseguono un diploma di scuola superiore e non sono disposti a raccogliere i pomodori o a curare un vecchio 24 ore su 24 ) e delle famiglie ( che si tengono in casa badanti e babysitter senza permesso di soggiorno, senza i quali non saprebbero come gestire la cura di anziani e bambini ).

GLI IMMIGRATI NON PROVOCANO UN AUMENTO DELLA CRIMINALITÀ?

Il numero degli immigrati nelle carceri è in aumento per diversi motivi: un giudice non dà mai gli arresti domiciliari ad una persona senza permesso di soggiorno e senza fissa dimora; i loro reati per lo più sono collegati alla loro condizione, infatti tentano di procurarsi in maniera illegale il permesso di soggiorno o scappano di fronte ad un controllo; le organizzazioni criminali gli affidano i ruoli più esposti ( è più facile intercettare forme di criminalità che coinvolgono gli immigrati rispetto a quelle che interessano gli italiani ).

LA LEGGE SULLA CITTADINANZA PER GLI IMMIGRATI REGOLARI

Sulla cittadinanza l’Italia è il paese più restrittivo dell’Europa Occidentale. La Grecia dal 2010 non lo è più. In Italia per richiedere la cittadinanza un immigrato deve attendere 10 anni di residenza regolare, a quel punto presenta la domanda, passano alcuni anni per i controlli previsti e alla fine, molto spesso, la richiesta viene respinta. È molto più facile ottenere la cittadinanza se un immigrato sposa una donna italiana. Per i bambini nati in Italia da genitori stranieri, l’iter è ancora più lungo e tortuoso: occorre aspettare il 18° anno di età ed essere stati presenti sempre sul territorio italiano ( al massimo è tollerata un’interruzione di 3 mesi ).

Fonte Prof. M. Ambrosini.

giovedì 8 dicembre 2011

come spiego la grammatica italiana ai bambini non italofoni?

La grammatica insegnata nel modo più tradizionale risulta noiosa e gravemente demotivante. Segue il metodo deduttivo: si spiega la regola, poi l’allievo l’applica meccanicamente negli esercizi.

Bisogna, invece, far giungere il bambino induttivamente alle regole grammaticali. È a partire da un testo o da un dialogo che si ricava la norma.

In base ad una prospettiva induttiva l’insegnante fa riflettere il bambino sul testo letto o sul dialogo ascoltato stimolandolo a:

- creare ipotesi sul funzionamento della lingua; ad esempio, si possono far cerchiare i plurali – se questo è l’obiettivo morfologico della lezione – e poi chiedere all’allievo di ipotizzare il modo in cui si forma il plurale in italiano secondo le sue osservazioni;

- verificare se nella realtà quotidiana l’ipotesi viene confermata;

- procedere alla fissazione del meccanismo;

- giungere ad una sistematizzazione consapevole, ad uno schema esplicito, che possa servire anche per riferimento in futuro.

L’insegnante può ricorrere ad una serie di tecniche che consentono di indurre l’allievo alla riflessione linguistica:

- tecniche di natura insiemistica: costituzione e manipolazione degli insiemi, quali attività di inclusione, esclusione, seriazione e sequenziazione. L’allievo si trova di fronte un insieme disomogeneo e gli viene chiesto di ridistribuirlo in insiemi omogenei ( inclusione ) o di eliminare le disomogeneità togliendo alcuni elementi ( esclusione ). L’inclusione e l’esclusione risultano una piacevole sfida per l’allievo. Si può chiedere di riordinare un insieme caotico in base ad un parametro: in base alla quantità ( nessuno < solo uno < qualche < molti < tutti ) o alla frequenza ( sempre < spesso < raramente < mai ). Una particolare seriazione è la sequenziazione: all’allievo si chiede di riordinare un insieme caotico secondo un ordine temporale, collocando gli avverbi di tempo oppure le forme verbali lungo una linea di tempo che parte dal passato più remoto e giunge al futuro più lontano. La sequenziazione è utile per far riflettere sui connettori di tempo e sulla consecutio temporum;

- griglie da completare;

- riempimento di spazi vuoti;

- identificazione degli errori in alcune frasi date: questa tecnica va proposta quando la regola è completamente acquisita, per non generare forme devianti. La caccia all’errore può risultare stimolante.

Ai fini della valutazione generale, gli errori grammaticali non dovrebbero essere fortemente penalizzanti, vanno considerati anche l’avvenuta comprensione e i contenuti. Si sa che per l’allievo straniero l’italiano è la sua seconda lingua, ciò non deve risultare un elemento discriminante, soprattutto se mostra tutta la sua volontà di raggiungere il livello di competenza linguistica dei compagni di classe.

Ricordo il metodo di valutazione adottato da una docente di lettere di un liceo fiorentino. Per i compiti in classe d’italiano fissava una valutazione unica e globale, fatta eccezione per un’allieva peruviana. Per questa allieva distingueva un voto per la forma e un voto per il contenuto, poi calcolava la media per avere un unico valore numerico da registrare sul suo registro. In questo modo la docente si proponeva di tener conto e gratificare la volontà di studiare della sua allieva, che emergeva chiaramente dai contenuti dei compiti.