L’insegnamento dell’italiano a stranieri non può orientarsi verso un modello di lingua solo standard. La scelta di una o più varietà di lingua da presentare in classe, sia nel parlato che nello scritto, va fatta prima di tutto considerando i bisogni e le motivazioni dell’apprendente. Un immigrato adulto deve essere messo in grado anche di capire le varietà linguistiche locali (italiano regionale e dialetto) che incontra per strada e sul lavoro, poiché le sue interazioni quotidiane avvengono prima di tutto con le persone del posto.
La varietà linguistica più utilizzata oggi è l’italiano dell’uso medio (o neo-standard), una varietà che nel repertorio linguistico viene subito dopo l’italiano standard. È l’italiano usato in situazioni di media formalità ed informalità, sia parlato che scritto, l’italiano usato dai mass media e dalla stragrande maggioranza di italiani con una cultura medio-alta sul lavoro, in famiglia e a scuola.
Ma è in atto un grande cambiamento nell’ambito del repertorio linguistico italiano. L’italiano dell’uso medio è in fermento, fa da mediazione tra la parte alta e quella bassa del repertorio, poiché da una parte assorbe tratti di varietà inferiori come quelli dell’italiano regionale che si regolarizzano, dall’altra sono alcuni suoi stessi tratti ad essere assorbiti dall’italiano standard. Proprio a causa di quest’ultimo fenomeno, l’italiano di uso medio viene detto anche italiano neo-standard, alcuni linguisti parlano di ristandardizzazione, di un italiano standard che si sta allargando accogliendo caratteristiche di quello di uso medio. È un cambiamento ancora in atto, non si può ancora prevedere quale sarà il volto della nostra lingua fra qualche decennio, ma è certo che la lingua parlata e la lingua scritta si avvicineranno sempre di più e gli effetti già sono evidenti oggi. Basta comunque consultare un libro di grammatica italiana di recente pubblicazione per notare che tratti dell’italiano di uso medio non sono considerati più errori linguistici.
Con estrema sintesi si può affermare che, ad una classe di immigrati adulti, vanno presentate la varietà più utilizzata nelle comunicazioni, ossia l’italiano di uso medio, e le varietà locali. L’italiano di uso medio in un corso elementare va semplificato e graduato. Fatta eccezione per i livelli avanzati ed intermedi, è meglio didatticamente offrire una gamma non troppo ampia di varietà, evitando così un conseguente disorientamento e una demotivazione. Dalla selezione dell’input linguistico eseguita dal docente, dipende buona parte del successo o relativo insuccesso di un corso.
Per comprendere meglio questa evoluzione linguistica, avanziamo per gradi, prima di tutto visualizziamo il repertorio delle varietà linguistiche elaborato da Sabatini, poi consideriamo alcune caratteristiche dell’italiano dell’uso medio, infine diamo un’occhiata alla tabella che mette a confronto espressioni dell’italiano di uso medio con quelle dello standard.
Repertorio delle varietà linguistiche di Sabatini:
1 italiano standard
2 italiano dell’uso medio (o neo-standard)
3 italiano regionale delle classi colte
4 italiano regionale delle classi popolari
5 dialetto regionale o provinciale
6 dialetto locale
Alcune tratti dell’italiano di uso medio:
- distinzione stentata tra vocali chiuse e aperte secondo il modello toscano;
- mancata distinzione tra ‘s’ sorda e ‘s’ sonora;
- uso di’gli’ pronome dativale anche al posto di ‘le’;
- uso della particella ‘ci’ come rinforzo semantico e fonico alle voci verbali, es. non ci capisco, non ci sento;
- l’enfasi, cioè la focalizzazione dell’informazione che rappresenta il dato nuovo,attraverso particolari costruzioni sintattiche:1) posporre il soggetto al verbo affinché l’informazione nuova sia il soggetto, es. Canta Mario (per dire canta Mario, non Fabrizio o Luigi); 2)la tematizzazione o la successione tema-rema, il tema per evidenziarlo viene posto all’inizio o alla fine di una frase e ripreso mediante un pronome nella stessa frase (il tema è l’argomento di cui si parla mentre il rema è l’informazione nuova,) es. i soldi te li ho dati (tematizzazione a sinistra); vorrei conoscerli, i tuoi figli (tematizzazione a destra); 3) caso estremo della tematizzazione è l’anacoluto, il tema non ha alcun raccordo sintattico con il rema, es. Giorgio, non gli ho detto nulla; 4) si scinde la frase in due proposizioni, di cui la prima col verbo essere enfatizza il nuovo, es. è Mario che canta;
- il ‘che’ polivalente, connettivo generico con molte funzioni, con valore temporale, finale, consecutivo o causale;
- scarso uso del congiuntivo, laddove andrebbe utilizzato è rimpiazzato dall’indicativo;
- la costruzione dei verbi con forma pronominale per indicare una più forte partecipazione affettiva o di interesse, es. Luca si è mangiato mezza torta, mi bevo un caffè, mi sono fatto una splendida passeggiata.