la danza

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domenica 18 marzo 2012

il mio velo era come un semaforo

Sofia, una giovane donna egiziana che vive a Roma, scrive:

“ I primi tempi in Italia sono stati durissimi. Quando uscivo per strada la gente mi guardava con una morbosità quasi ossessiva. Mi chiedevo: ma sto andando in giro nuda, per caso? E poi negli occhi delle persone vedevo spesso fastidio, disagio, insofferenza e timore. E mi chiedevo: perché hanno paura di me?
Dopo un po’ di tempo ho scoperto la risposta. Il mio velo era come un semaforo davanti al quale la gente deve fermarsi. Quella sosta obbligata era il momento ideale per scaricare tensioni, paure, inquietudini, ansia eccetera eccetera. Le persone avevano bisogno di sfogarsi. Ero come il sacco di sabbia che i pugili usano per allenarsi. In realtà, quando camminavo per le strade di viale Marconi non ero mai sola. Ero sempre a braccetto con tanti accompagnatori fantasma: i loro nomi? Jihad, guerra santa, kamikaze, undici settembre, terrorismo, attentati, Iraq, Afghanistan, Torri Gemelle, bombe, undici marzo, al-Qaeda, talebani. E chi più ne ha più ne metta. Insomma, ero una sorta di Bin Laden travestito da donna! La gente doveva aver paura per forza. Così a poco a poco me ne sono fatta una ragione. Dovevo resistere per non isolarmi fra le quattro mura domestiche, una via che porta direttamente alla depressione. “

Dal libro DIVORZIO ALL’ISLAMICA A VIALE MARCONI di Amara Lakhous ( antropologo algerino laureato in antropologia a La Sapienza di Roma ), pag. 62.

3 commenti:

  1. Salve Luigi, sono arrivato sul tuo blog tramite LSCF. Questo post è molto interessante, ma lascia con la curiosità di sapere come si sviluppano il pensiero e l'esperienza della protagonista.

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  2. bellissima questa descrizione! come sentirsi stranieri e inaccettati....è una sensazione che conosco solo che io non avevo il velo qui in Germania, ma portavo con me a braccetto, la corruzione, la stupidità degli italiani, il machismo, la famiglia come clan e la mafia, quella non mi abbandona mai, e poi la non emancipazione e la poca cultura, quello che studio o ho studiato inItalia non è naturalmente paragonabile a quello che studiano i tedeschi e spesso ancora oggi si sentono in dovere di "educarmi" spiegandomi cose che rintengono io DEBBA pr forza non sapere!

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