la danza

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venerdì 4 gennaio 2013

radici arabe in Sicilia


Dall’827 fino al 1061 ( dal 652 si era già susseguiti numerosi tentativi di conquista ) la Sicilia fu dominata dagli Arabi, che risollevarono l’economia locale sviluppando l’agricoltura ( introdussero le colture del riso e degli agrumi e realizzarono opere di canalizzazione che consentirono l'uso razionale delle risorse idriche ) e i commerci, tanto che l’isola divenne il centro degli scambi di merci del Mediterraneo, grazie anche alla sua posizione strategica.
L’isola fino ad allora era abitata prevalentemente da greci e romani di Sicilia. La città di Palermo raggiunse i 100.000 abitanti. Si arricchì di moschee ( sia pubbliche che private ), bagni ( anch'essi pubblici e privati ), il porto, l'arsenale, le mura con le porte, le fortificazioni, i mulini, i fòndachi ( alloggi per mercanti stranieri ) e i mercati. L’arabo divenne la lingua ufficiale. I conquistatori praticavano l’Islam; non perseguitarono i cristiani, ma si facevano pagare loro una tassa la "gézia" consentendo la libertà di culto. Alla loro dominazione seguì quella normanno-cristiana.
Gli Arabi in due secoli lasciarono una forte impronta che né Normanni, né Svevi, né Spagnoli o Francesi sono riusciti a cancellare, ciò probabilmente fu dovuto alla loro forte integrazione con la popolazione autoctona. La cultura araba e quella italiana sono ancora profondamente vicine, sovrapponendosi in tanti casi, in Tunisia e in Sicilia. A livello culinario, basta pensare al cuscus, un piatto tipico sia del Nordafrica che della Sicilia Occidentale.  Si tratta di granelli di semola cotti a vapore con carni umide e verdure bollite, anche con il pesce nelle zone marine. A Trapani il condimento è dato dal brodo di pesce.
Il mercato di Ballarò, nella città di Palermo, costituisce un punto di vendita di primizie che giungono dalle campagne circostanti. Ci sono bancarelle coloratissime animate dalle abbanniate, cioè dai chiassosi richiami dei venditori. Il termine Ballarò deriva probabilmente da suq-al-Balari, che indica un insediamento mercantile presso Monreale da cui provengono i commercianti arabi che diedero vita a questo mercato. L’atmosfera e l’etimologia richiamano chiaramente il suq o suk, che per i popoli arabi è il luogo urbano deputato allo scambio delle merci.  
Nomi di città come Caltagirone, Calatafimi, Calatabiano, Caltabellota, utilizzano tutti il suffisso arabo "qalah" o "qalet" che sta per "castello". Invece, nel caso di Misilmeri, il nome deriva dall’espressione araba "manzil al-amir", o meglio, "villaggio dell’emiro". Stessa cosa per il feudo di Misiligiafari vicino Trapani: manzil al-Giafar, villaggio dell’Emiro Giafar, sovrano della dinastia Kalbita di Sicilia. Altri nomi di luoghi con particelle di vocaboli arabi: "marsa"  ( che in arabo sta per "porto" ) in Marsala e Marzamemi;  "gebel" ( in arabo sta per "monte" ) in Mongibello ( il secondo nome per il vulcano Etna ), Gibellina, Gibilmanna e Gibilrossa.



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