Dall’827 fino al 1061 (
dal 652 si era già susseguiti numerosi tentativi di conquista ) la Sicilia fu
dominata dagli Arabi, che risollevarono l’economia locale sviluppando
l’agricoltura ( introdussero le
colture del riso e degli agrumi e realizzarono opere di canalizzazione che
consentirono l'uso razionale delle risorse idriche ) e i commerci, tanto
che l’isola divenne il centro degli scambi di merci del Mediterraneo, grazie
anche alla sua posizione strategica.
L’isola fino ad allora
era abitata prevalentemente da greci e romani di Sicilia. La città di Palermo
raggiunse i 100.000 abitanti. Si
arricchì di moschee ( sia pubbliche che private ), bagni ( anch'essi pubblici e
privati ), il porto, l'arsenale, le mura con le porte, le fortificazioni, i
mulini, i fòndachi ( alloggi per mercanti stranieri ) e i mercati. L’arabo divenne la lingua ufficiale. I
conquistatori praticavano l’Islam; non perseguitarono i cristiani, ma si
facevano pagare loro una tassa la "gézia" consentendo la libertà di
culto. Alla loro dominazione seguì quella
normanno-cristiana.
Gli Arabi in due secoli lasciarono una forte impronta che
né Normanni, né Svevi, né Spagnoli o Francesi sono riusciti a cancellare, ciò
probabilmente fu dovuto alla loro forte integrazione con la popolazione
autoctona. La cultura araba e quella italiana sono ancora profondamente
vicine, sovrapponendosi in tanti casi, in Tunisia e in Sicilia. A livello
culinario, basta pensare al cuscus, un piatto tipico sia del Nordafrica che
della Sicilia Occidentale. Si tratta di
granelli di semola cotti a vapore con carni umide e verdure bollite, anche con
il pesce nelle zone marine. A Trapani il condimento è dato dal brodo di pesce.
Il mercato di Ballarò,
nella città di Palermo, costituisce un punto di vendita di primizie che giungono
dalle campagne circostanti. Ci sono bancarelle coloratissime animate dalle
abbanniate, cioè dai chiassosi richiami dei venditori. Il termine Ballarò
deriva probabilmente da suq-al-Balari, che indica un insediamento mercantile
presso Monreale da cui provengono i commercianti arabi che diedero vita a
questo mercato. L’atmosfera e l’etimologia richiamano chiaramente il suq o suk,
che per i popoli arabi è il luogo urbano deputato allo scambio delle merci.
Nomi di città come
Caltagirone, Calatafimi, Calatabiano, Caltabellota, utilizzano tutti il
suffisso arabo "qalah" o "qalet" che sta per
"castello". Invece, nel caso di Misilmeri, il nome deriva dall’espressione
araba "manzil al-amir", o meglio, "villaggio
dell’emiro". Stessa cosa per il feudo di Misiligiafari vicino Trapani: manzil
al-Giafar, villaggio dell’Emiro Giafar, sovrano della dinastia Kalbita di
Sicilia. Altri nomi di luoghi con particelle di vocaboli arabi: "marsa"
( che in arabo sta per "porto"
) in Marsala e Marzamemi; "gebel" ( in arabo sta per
"monte" ) in Mongibello ( il secondo nome per il vulcano Etna ),
Gibellina, Gibilmanna e Gibilrossa.
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